Festa del "Muzzuni"


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Molti sono gli autori storici, gli studiosi di tradizioni popolari, i demologi, i filologi, gli antropologi che, attraverso un viaggio nella memoria, si sono occupati della “Festa del Muzzuni” che si celebra il 24 Giugno di ogni anno ad Alcara Li Fusi in provincia di Messina. Tra questi si annoverano F. Branciforti, G. Pitrè, A. Uccello e V. Consolo che nel suo “Il sorriso dell’ignoto marinaio” cosi ricordava: “Ventiquattro di Giugno, San Giovanni. Era per gli Alcaresi la festa del “Muzzuni” e festeggiar soleano nei quartieri quelle piccole brocche e i germogli con canti e danze fino a notte alta. Si scoglievano allor le inimicizie, si intrecciavano gli amori ed i comparaggi”. E A. Buttitta parlando della festa più antica d’Italia, dichiara: “Questa del Muzzuni non è altro che il fossile vivente di un’antica civilità scomparsa definitivamente da tutto il bacino del Mediterraneo ed è una fortuna che Alcara conservi, nello scrigno della sua storia, questi riti pagani, perchè sono il dcumento vivente della nostra radice umana e culturale”.


La festa del “Muzzuni” di Alcara si pone, dunque, come espressione della storia e della cultura della nostra comunità che, nel giorno del solstizio d’estate, il 24 Giugno, emerge in tutta la sua interezza come un documento umano, testimone della vera identità di un popolo. Identità che affonda le proprie radici nei culti pagani dell’antica civiltà greca: essa è, infatti, un rito propiziatorio offerto alle divinità della natura, Demetra, Dioniso, Adone per augurare la fertilità della terra e l’abbondanza dei suoi frutti.

Questa festa, conserva nei meandri precari della memoria imana, è riuscita miracolosamente a sopravvivere fino ai giorni nostri, nell’era di sfrenata tecnologia, grazie alla volontà stessa del popolo che, spontaneamente, ha perpetuato questo antico rito di religiosità pagana, fonte di promesse e fertilità e abbondanza. Un’eredità di grande importanza dunque, tramandata di generazione in generazione dai nostri padri, un bene da consegnare con cura alle nuove generazioni affinchè sappiano gelosamente conservarlo e valorizzarlo: nel rito propiziatorio offerto alle divinità della natura, nella festa del “Muzzuni”, trovano riscatto quei valori che non appartengono solo alla comunità alcarese ma che, nella loro universalità, abbracciano la vera essenza dell’uomo; nell’offerta del simbolo fallico, il “muzzuni”, alla madre terra Demetra, nel grano appena falciato, nei giardini di Adone appena germogliati, si racchiude il grano misterioso della vita e della morte.

La ciclicità delle “stagioni” va amata e rispettata affinchè la Madre Terra possa dare i suoi frutti rigogliosi e ricchi come l’oro luccicante che risplende sul muzzuni e cosi l’amicizia esaltata attraverso il “rito della cumparanza”, intrecciando i mignoli e scambiandosi “a cunfetta” sigilla un vinclo infinito e, cme il seme che cade sulla buona terra, donerà impagabili e preziosi “frutti”. Attorno al Muzzuni si canta, si balla, si inneggia all’amore e alla vita, si intonano chianote e ruggere ed inni a Demetra:

Sacra dea di la terra, Dimetra,
matri di frummentu e siminati
lu suli così puru la petra,
d’oru vesti li spighi infasciati.

Binidici lu suduri chi s’impetra,
sacri su li fauci e l’arati.
Lu 24 Giugno ‘ntra l’Arcara
Lu Muzzuni è pi tia Dimetra cara.

Sacra dea della terra, Demetra,
madre del fruento e del grano,
il sole così pure la pietra
d’oro veste le spighe infasciate.
Benedici il sudore che scorre,
sacri sono le falci e gli aratri.
Il 24 Giugno, in Alcara,
Il Muzzuni è per te Demetra cara.


Rito del comparatico

I due che vogliono suggellare l’amicizia si scambiano “A cunfetta” (i confetti) quindi recitano:

Proposta: Ppi tia jaiu n’amicizia ranni, nni facemu compari a Sanciuanni?
(trad. Per te ho un’amicizia grande, ci facciamo compari per San Giovanni?)

Risposta: Cu tanti piaciri!
(trad. Con tanto piacere)

Poi intrecciando i mignoli recitano insieme la filastrocca:

Iriteddu facitini amari
chi nni ficimu cumpari
nzoccu avemu nni spattemu
e giammai nni sciariamu
cumpari semu e cumpari ristamu
quannu veni la morti nni spattemu.

Piccolo dito facci amare
perchè ci siamo fatti compari
quello che abbiiamo ci dividiamo
e giammai ci bisticciamo
compari siamo e compar restiamo
quando viene la morte ci separiamo.