Cenni storici

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Sul versante occidentale della Sicilia, nell’entroterra dei Monti Nebrodi in provincia di Messina, adagiato su di un colle roccioso alle pendici della dolomitica catena montuosa delle Rocche del Crasto nella vallata del torrente Rosmarino ed incastonato in uno scenario paesaggistico molto suggestivo, a 400 m.s.l.m., sorge Alcara Li Fusi.

Antichi origini, ovviamente analoghe ad altri siti dell’isola, testimoniano la storia di questo piccolo centro collinare, le cui radici sembrano intrecciarsi al periodo della distribuzione dell’antica città di Troia in Grecia da cui, secondo una leggenda, discende un certo Patrone Turio, approdato con la sua flotta sulle coste sicule ed inoltratosi nell’entroterra, dove fondò vari fortini, successivamente divenuti veri e propri centri abitati, uno dei quali fu proprio Alcara, che ebbe un rapido e florente sviluppo soprattutto durante il dominio degli Arabi in Sicilia (827/1061) e, da cui ne deriva il nome “Al Qarya”, che singnifica “Il centro urbano”.

Testimonianza delle remote origini della piccola cittadinanza, oltre ad alcuni ritrovamenti archeologici del periodo greco-romano e Bizantino, é l’antico rito pagano del “Muzzuni”, le cui memorie vanno a perdersi nella notte dei tempi ma che sembrano riconducibili alla cultura ellenica, precisamente legate al culto propiziatorio per la fertilità della terra, in onore delle divinità Demtra dea della terra, Kore dea dell’oltretomba, Afrodite dea dell’amore, Adone dio della vegetazione e dela fertilità, Dioniso dio dell’euforia.

E`infatti un rito propiziatorio alla fertilità della terra celebrato nella notte del solstizio d’estate ma poi, con l’avvento del Cristianesimo, accorpato al culto di San Giovanni Battista il 24 Giugno.

Le prime notizie certe su Alcara, si hanno però con la dominazione dei Normanni quando, il Conte Ruggero, con un diploma del 1082, concesse al Vescovo di Troina-Messina, l’abitato alcarese con tutto il territorio annesso, il quale era circoscritto in uno dei tre valli della Siclia, ovvero nella Valle di Demena.
E`proprio a partire da questo periodo che la storia del centro nebroideo comincia a concretizzarsi maggormente, anche perchè s’intreccia con la vita ascetica dell’Eremita dell’ordine Basiliano, San Nicolò Politi.

Nato intorno al 1117 ad Adrano, nella provincia di Catania, giunse nel territorio alcarese nel 1137 circa, trovando rifugio in una spelonca rocciosa del Monte Calanna dove, dopo aver trascorso un trentennio fatto di stenti e preghiere, la sua esistenza terrena si concluse il 17 agosto 1167.

Da allora è Protettore acclamatissimo di Alcara che, da ormai quasi 850 anni, gelosamente ne custodisce le venerate spoglie mortali e, grazie al Breve Pontificio di Papa Giulio II del 7 Giugno 1507, ne rinnova ufficialmente la memoria con fervorosa e viscerale devozione, celebrando le Solenni Festività in suo onore dall’1 al 3 maggio e dal 15 al 18 agosto.

Il piccolo centro nebroideo, veniva infatti identificato come Alcara Valdemone, denominazione che rimase fino al 1812, quando una legge borbonca, soppresse le vecchie circoscrizioni siciliane delle tre valli di Noto, Mazzara e Dena, inserendo cosi l’appellativo “Li Fusi” per la fiorente industria di fusi per filare lana, seta, lino ma, anche L’Abate Vito Amico nel suo Lexicon del 1760, riporta che già in quell’anno il borgo era denominato “Alcara oppidum de fisus appellatum”.

Alcara vanta dunque di una cospicua storia e tradizione culturale che, soprattutto in passato, per svariati secoli ha fatto di questo centro, uno tra i più rinomati del comprensorio che, in oltre, ha dato i natali ad illustri eruditi locali come poeti, scrittori, musicisti ed artigiani che hanno sempre onorato e portato in alto il buon nome di questo, per molti aspetti sconosciuto, centro urbano dalle antiche vestigia.